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Sull'Atlantico 143


Anna, Roberto ed i loro disgraziati compagni erano appena sbarcati, quando un’altra tempesta sorprende la loro nave e la inabissa.

Erano ormai prigionieri su quell’isola, con quasi nessuna speranza di tornare in Europa, perchè nessuna nave approdava a quella terra deserta.

Anna, presa da terrori e da rimorsi, consunta dagli stenti, perchè non di rado quei disgraziati, privi di tutto, soffrivano la fame, cadde in una profonda prostrazione e rese l’estremo respiro fra le braccia di Roberto. Tale fu però il dolore provato dall’infelice giovine che poco dopo la seguiva nel sepolcro.

Furono seppelliti, l’uno accanto all’altra, sotto una specie d’altare di legno, nel luogo preciso ove ora sorge la chiesa di Gesù Salvatore, la più bella di Macham.

— E dei suoi compagni, che cosa avvenne? — chiese Wassili.

— Qualche anno dopo, stanchi di quella vita di miserie e risoluti a perire nell’oceano, piuttosto che rimanere ancora in quell’isola, si costruivano una scialuppa affidandosi alle onde ed ai venti.

— E si salvarono? — chiese Ranzoff.

— No, perchè, sbarcati sulla costa africana, furono presi dai mori e venduti come schiavi al Sultano del Marocco, — rispose Boris.

— Eppur mi sembra che l’esistenza su un’isola così incantevole, avrebbe dovuto essere così bella, così seducente, — disse Ranzoff, pensando alla povera Anna e specialmente a fianco d’un uomo amato.

Quindici ore dopo, lo Sparviero, dopo d’aver evitato il gruppo delle Canarie, essendo quelle isole troppo frequentate dalle navi spagnole e portoghesi, le quali trovano facilmente ottimi carichi di vino pregiatissimo, la cui produzione ammonta annualmente a circa 30.000 botti, dopo una fulminea volata, giungeva all’altezza delle isole del Capo Verde, grosso arcipelago che divide, si può dire, l’Atlantico meridionale da quello settentrionale.

Ranzoff, che come sempre non amava mettere troppo in mostra il suo Sparviero, almeno fino a che non avesse potuto strappare Wanda al barone, perchè il potente armatore non potesse avere qualche sospetto, piegò verso la costa africana che sapeva essere ben poco frequentata, specialmente in quella stagione, in causa delle terribili calme che imprigionano sovente i velieri per delle settimane continue.

Le isole si profilavano a sinistra della macchina volante, spiccando vivamente sul luminoso orizzonte, indorato da un sole ardentissimo, bruciante, poichè quell’arcipelago è situato proprio sotto l’equatore.