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Tristan de Acunha 169


anzi talvolta allungava una mano a Ursoff temendo di vederlo cadere e lo attirava a sè.

Il cosacco, puntando ambe le braccia sui margini della fenditura impediva la caduta d’entrambi. Per lui, vigoroso e agile e abituato alle più difficili scalate, sarebbe stato un giuoco raggiungere la piattaforma.

Dopo alcuni minuti Wassili riusciva finalmente ad aggrapparsi al margine della piattaforma, ed aiutare Ursoff a raggiungerlo. Rokoff, con un ultimo slancio vi era giunto quasi contemporaneamente.

Il suolo, composto d’una roccia nericcia, era avvallato, tutto buche e crepacci, ma si trovava fuori di portata dall’assalto delle onde e questo era l’importante.

— Cerchiamo un luogo ove ricoverarci, — disse il cosacco. — Vedo là qualche cosa.

— Mi sembra una tettoia, — disse Wassili.

— Un’abitazione qui! — esclamò Ursoff. — È impossibile.

— Eppure il signor Wassili non si è ingannato, — rispose Rokoff.

Contro la parete, fra due rocce, si scorgeva una catapecchia che pareva formata da tavole rinforzate con lastre di pietra, onde il vento non le portasse via.

Il cosacco si spinse risolutamente innanzi e si avvide che si trattava realmente d’una minuscola casetta, certo di qualche rifugio di cacciatori di foche o d’elefanti marini.

Il vento sibilava attraverso le sconnesse tavole, però dal tetto composto di lastroni di pietra, non filtravano che poche gocce d’acqua.

Il suolo pareva ingombro di erbe, ma essendo la notte sopraggiunta, l’oscurità era così profonda là dentro da non poter accertarsene.

— Se avessimo uno zolfanello, — disse Rokoff. — Sarebbe veramente il ben arrivato.

— Se i miei non si sono bagnati, ve ne posso offrire, — disse Wassili.

Si frugò nelle tasche e trasse una scatola di metallo.

— Mi pare che l’acqua non vi sia entrata, — disse.

— Accendetene uno, signore, e vediamo se vi è qualche cosa da bruciare. Fa freddo qui e siamo bene inzuppati d’acqua. —

L’ex-esiliato, tenendo le mani unite e volgendo le spalle alle raffiche, dopo molto strofinare riuscì finalmente a ottenere un po’ di luce.

Quella casupola, appena sufficiente a riparare quattro o cinque persone, era deserta. Sparsi al suolo vi erano ammassi di erbe marine