Pagina:Salgari - Il Re dell'Aria.djvu/22

Da Wikisource.
20 Capitolo II.


piare, si erano sdraiati al suolo, incapaci di pronunciare nemmeno una parola.

Il maresciallo d’alloggio era stato uno dei primi a sdraiarsi sul lurido pavimento, completamente ubbriaco.

Gli altri, vedendo il loro capo fuori di combattimento, si credettero in dovere d’imitarlo per l’onore del corpo e, per non perdere tempo a riempire le tazze, accostarono senz’altro, l’uno dopo l’altro, le labbra ai recipienti, bevendo a garganella.

Bedoff li guardava, sorridendo, dondolandosi sulle gambe che erano tutt’altro che malferme e reggendo fra le mani che volevano apparire tremolanti, una coppa di terracotta, piena fino all’orlo di liquore:

— Coraggio, camerati, — diceva con un riso da ebete. — Pago io! Ad una simile festa non vi troverete probabilmente più mai. Approfittatene, giacchè non possiamo permetterci il lusso di bere dello champagne come il capitano Stryloff. —

Non importa dire se quelle spugne viventi assorbivano il contenuto dei recipienti. Era votka eccellente che quel bravissimo camerata, con una generosità da bojardo, offriva gratis.

E il liquore infernale scorreva a garganella entro quei corpacci mai pieni, annebbiando i loro cervelli con rapidità prodigiosa.

Cadevano, i baldi figli della steppa selvaggia, a due, a tre, come sotto il piombo nemico.

La morte era però ben più dolce. Nessuno avrebbe osato certo lamentarsi della generosità magnanima di quell’invidiabile carceriere.

Bedoff, in mezzo al circolo formato da quegli ubbriaconi, rideva sempre, tentennando e alzando la sua tazza come per bere, mentre invece nemmeno una goccia passava attraverso alla sua gola.

— Forza, camerati! — diceva. — Voi non siete della forza del maresciallo.

Ha vuotato da solo un recipiente!... Dieci litri di votka per lo meno! Per la Santissima Madonna di Kazan, io a quest’ora sarei morto, ma non sono un cosacco io, camerati.

Date dentro!... Questa sera è festa per tutti!... —

E bevevano, i cosacchi e continuavano a cadere, rovesciandosi l’uno sull’altro, formando come una catasta di corpi umani che russavano tutti insieme con un fragore di tuono.

Quando anche l’ultimo, che pareva avesse appiccicate le labbra al recipiente, si rovesciò sul dorso, inzuppandosi le vesti di votka, Bedoff cessò di ridere.