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222 Capitolo I.


Il segnale o la risposta attesa non venne. Anzi il misterioso mostro parve accrescere la sua velocità muovendo diritto verso il transatlantico.

— L’avevo detto io che si tratta veramente d’uno pterodattilo, — brontolò lo scienziato. — Forse la razza non si era completamente estinta ed eccone infatti qui una prova.

Quello è un uccellaccio!... —

Il capitano, vedendo che il colpo in bianco non aveva ottenuto alcun effetto e spaventato dall’idea espressa dal suo secondo di bordo che quella macchina fosse montata da nikilisti, incaricati di distruggere il commercio marinaresco russo, non esitò più sul partito da prendere.

— Mastro Anguska!... — gridò. — Fa’ un bel centro e fallo cadere in mare, prima che giunga sopra di noi.

Vivaddio!... Voglio pescare io quei signori!...

— Purchè non si alzi troppo, — brontolò il cannoniere.

Il pezzo era stato prontamente caricato con un obice di buon calibro.

Mastro Anguska, quantunque dubitasse del buon esito del tiro, non potendo alzare di più il cannone, non indugiò a far fuoco.

La detonazione non era ancora cessata, quando si vide quel misterioso uccellaccio alzarsi con rapidità prodigiosa, mentre l’obice, dopo d’aver descritta una lunga traiettoria, ricadeva in mare, senza aver colpito il bersaglio.

Un urlo di rabbia era echeggiato a bordo del transatlantico, seguìto da una interminabile filza d’imprecazioni.

L’uccellaccio ormai era inattaccabile, poichè il pezzo non poteva tirare verticalmente, non avendo il movimento adatto.

Il capitano Orloff, vivamente impressionato e temendo una imminente catastrofe, diede il comando di virare di bordo e di puntare sull’isola del Capo Bretone, la quale non si trovava che ad una trentina di miglia verso settentrione.

Egli sperava, forzando le macchine, di sfuggire l’attacco di quel misterioso uccellaccio, ma dovette ben presto accorgersi che avrebbe consumato inutilmente il suo carbone e guastate, senza alcun risultato, le sue caldaie.

In pochi istanti quella strana macchina che si librava in alto come un condor e che volteggiava come un vero re dell’aria fu sopra il transatlantico.