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246 Capitolo III.

novare le sue provviste di combustibile, quando una detonazione secca, che pareva prodotta da un piccolo pezzo d’artiglieria, allarmò il suo equipaggio e soprattutto il suo giovane comandante.

Lo sparo veniva dal largo, al nord di San Giorgio. Chi poteva far fuoco in quella direzione, dove non esistevano né fortini, né batterie di mare?

Era qualche transatlantico che cercava di difendersi dall’aggressione del Re dell’Aria.

Il baronetto aveva dato un comando breve, deciso:

— A tiraggio forzato!... —


CAPITOLO III.

Un nuovo disastro.

Il Tunguska aveva virato quasi sul posto, slanciandosi verso il settentrione, ossia verso il luogo da dove era giunta la detonazione.

Le sue quattro ciminiere vomitavano torrenti di fumo nerissimo misto a scorie ancora ardenti, mentre le due eliche gemelle turbinavano furiosamente, lasciandosi dietro due scie gorgoglianti e biancheggianti nettamente sull’azzurro cupo dell’oceano.

Gli artiglieri, che già fiutavano una terribile battaglia, si erano rovesciati nelle batterie ed entro le torri od erano saliti precipitosamente sulle larghe coffe degli alberi militari dove si trovavano piazzati i piccoli e pur formidabili pezzi da settantasei millimetri.

Il Tunguska aveva appena cominciato ad aumentare la sua velocità, perdendo di vista i leggeri profili di San Giorgio, quando un secondo colpo di cannone, più fragoroso del primo, echeggiò ancora verso settentrione, seguìto quasi subito da un grido delle vedette degli alberi militari:

— Fumo all’orizzonte!... —

Il baronetto, che si era recato a prora insieme ad Orloff, puntò rapidamente il cannocchiale e tosto un grido di gioia gli sfuggì: