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262 Capitolo IV.


Il Tunguska, affrettava pure la sua marcia per non perderla di vista. Pareva però che il Re dell’Aria non cercasse affatto di eclissarsi, poichè aveva acceso un grosso fanale rosso, che non si poteva confondere con una stella.

Le macchine funzionavano rabbiosamente, imprimendo alla nave una spinta poderosa. I ventitrè nodi erano stati già oltrepassati, ma il terribile uccellaccio manteneva esattamente la distanza.

All’alba, il Tunguska non era riuscito a guadagnare sull’avversario neppure un decimo di nodo.

La macchina volante continuava tranquillamente la sua corsa, tenendosi in mezzo al vastissimo golfo, e mirando a dirigersi verso l’Atlantico.

Il baronetto aveva puntato un cannocchiale e si era messo ad osservarla attentamente.

A bordo del fuso si scorgevano degli uomini, i quali passeggiavano sul ponte, senza darsi, a quanto sembrava, nessun pensiero della nave da guerra che li seguiva ostinatamente, divorando le sue tonnellate di carbone.

— È meraviglioso! — disse il baronetto ad Orloff. — Quegli uomini hanno risolto la questione della navigazione aerea. Non mi sorprende: era un famoso ingegnere.

— Chi? — chiese il comandante dell’Orulgan, con stupore.

— Non è che una mia supposizione, — si affrettò a rispondere il baronetto.

— Forse conoscete l’inventore di quell’uccellaccio?

— Non so nulla, signor Orloff. Vi dico solo che quella macchina è stupefacente. Quelle persone devono aver studiato a lungo il volo dei condor, delle aquile e degli albatros.

— E dove intendono trascinarci?

— Chi lo sa? Finchè vi sarà nelle carboniere una tonnellata di combustibile io non lascerò quel signor Re dell’Aria. Anche lui esaurirà le sue provviste; suppongo che non deve averne tante, se si giudica dalla poca ampiezza del fuso.

— Di che genere saranno poi? Lo sapete voi, signor barone? A me pare che quel dannato uccellaccio non bruci nulla, nè carbone, nè petrolio, nè benzina, poichè non vedo nessuna ciminiera e non scorgo, sopra di lui, la più lieve traccia di fumo.

— È vero, — disse Teriosky, il quale era diventato improvvisa-