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Il condannato 27


— Quanti rubli ti pagherà mio cugino quando apprenderà la mia morte? Sapresti dirmelo? — chiese il colonnello, con ironia.

— Io non ho fatto che il mio dovere. Voi avete alzata la mano contro di me ed il maresciallo, la ribellione era evidente e ogni forzato, sia politico o no, che osi tanto, merita la pena di morte, fosse anche un ammiraglio che ha perduto il suo grado e che è diventato un semplice numero come un vor (ladro) qualunque.

— Ladro!... Hai detto!...

— Ho detto ciò per fare un paragone e nient’altro, — rispose il capitano. — Io non ho voluto offendervi.

— E sapresti dirmi tu, capitano, chi mi ha spinto alla ribellione? I tuoi continui maltrattamenti, le tue incessanti ironie, le tue vigliaccherie lungamente studiate per farmi uscire dai gangheri e trascinarmi alla disperazione, onde avere un motivo per sopprimermi e rendere a mio cugino il servizio da lungo tempo atteso e certo lautamente pagato.

— Vi ho già detto che io non ho mai avuto rapporti col barone di Teriosky, — rispose il capitano, seccato.

— Il tuo pallore ti tradisce, capitano! — gridò il comandante.

— Non mi seccate più. Ciò che è fatto è fatto ed io non ritirerò la sentenza che è stata pronunciata.

— Per far piacere a mio cugino.

— Questa accusa comincia ad annoiarmi.

— E perciò mi sopprimete, senza lasciare a me il tempo di ricorrere alla grazia suprema, a quella dello Czar, mentre ne avrei il diritto come alto ufficiale della marina russa.

— Pietroburgo è troppo lontano da Sakalin e poi verrebbe respinta dopo il rapporto che ho spedito.

Avete scritto il vostro testamento sì o no?

— No, e non lo scriverò, perchè nelle tue mani scomparirebbe o subirebbe tali modificazioni da far passare la mia fortuna nelle mani di quel miserabile di Teriosky.

— Vi fucileremo egualmente, — disse il capitano, con voce secca. — Preparatevi al grande viaggio poichè il sole fra poco sorgerà.

— Sei ben sicuro di fucilarmi? —

Il capitano che stava già per uscire, visibilmente poco soddisfatto da quel colloquio, si era bruscamente fermato, guardando il comandante.

— Ne dubitereste? — chiese, non senza una certa inquietudine.