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I drammi del mare 315


— La fame non ragiona, mio caro, — disse Wassili. — Ci sono stati degli uomini che hanno vissuto parecchie settimane facendo bollire insieme dei pezzi di cuoio e delle ossa, ottenendo una discreta gelatina.

— Sufficiente a sfamarli?

— Oh no, poichè per togliere completamente la fame ad un uomo per ventiquattro ore, ci vorrebbe almeno un mezzo quintale di quella gelatina.

— La pelle intera d’un bue!... — esclamò Rokoff, ridendo, — E tutte le sue ossa.

— Eppure in tal modo hanno potuto resistere lungamente, nel 1552, i soldati del duca di Guisa, assediati in Metz.

— Mangiando che cosa?

— Facendo bollire le suole delle loro scarpe e le loro cinture di pelle.

— Che brodo!...

— Oh! Vi sono altri che hanno mangiato di peggio, signor Rokoff. La popolazione parigina, assediata strettamente da Enrico IV, non si nutriva che di erba e di pagnotte formate con polvere d’ardesia anzichè di farina di frumento.

— Quelli erano stomachi a prova di pietra, — disse Fedoro. — Non erano però ancora stomachi d’antropofaghi.

— E credete voi che anche in Europa non vi siano stati degli abbominevoli cannibali?

Quando Massena, il famoso generale di Napoleone I, fu assediato in Genova, i suoi soldati, stretti dalla fame, sapete che cosa mangiavano? I cadaveri dei granatieri ungheresi, uccisi dinanzi alle fortezze a colpi di cannone.

— Orrore!...

— E quanti ne mangiarono! — disse l’ingegnere. — Non vi erano quasi mai austro-ungheresi da seppellire, perchè le grosse guardie, durante la notte, li arrostivano e se li mangiavano tranquillamente. —

La conversazione fu interrotta dalla comparsa di Liwitz, l’uomo inarrivabile, che oltre ad occuparsi della macchina, pensava alla cucina e ad altre cento cose.

Portava il the diluito con latte di balena e biscotti. Veramente il momento non era ben scelto, tuttavia i figli dell’aria, dimenticando i granatieri ungheresi, le pagnotte d’ardesia ed i morti del Nicaragua fecero, come al solito, molto onore alla colazione.

Nei giorni seguenti lo Sparviero continuò a rimontare verso il settentrione, procedendo molto lentamente e facendo anche delle lunghe