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Il prigioniero 341


dopo averla vuotata coi loro larghi cappellacci. Un momento dopo tutti s’imbarcavano, prendendo rapidamente il largo.

I canadesi avevano presi i remi; Ursoff si era messo al timone.

Quando furono a circa un miglio lontani, Ranzoff tolse al prigioniero il bavaglio e lo mise a sedere sul banco di mezzo dicendogli:

— Ora, caro amico, parliamo. —

Il prigioniero era un robusto giovanotto di ventidue o ventiquattro anni, biondo come quasi tutti i russi del settentrione, con baffettini appena nascenti e occhi azzurri e dolci come quelli d’una fanciulla.

— Che cosa volete da me? — chiese, senza manifestare alcuna eccitazione.

— Farti una semplice proposta, — rispose Ranzoff. — O parlare per guadagnarti un migliaio di rubli o tacere, e allora ti regaleremo una buona corda per appiccarti al più alto pennone della mia nave.

Non hai che da scegliere. —

Il giovanotto sorrise lievemente, poi rispose con voce affatto tranquilla:

— Preferisco i mille rubli, signore.

— Ti avverto però, che prima di averli, tu dovrai rispondere a tutte le mie domande e che rimarrai prigioniero fino a che mi sarò bene assicurato della tua sincerità. Se avrai mentito, ti farò appiccare senza misericordia.

— Sono pronto a rispondere, signore.

— Tu sei uno degli uomini che il barone di Teriosky ha arruolato. È vero?

— Sì, signore.

— Da quanto tempo ti trovi con lui?

— Da sette mesi.

— Allora devi essere stato a Tristan de Cunha.

— No, su uno scoglio chiamato l’Inaccessibile, — rispose il giovanotto senza esitare.

— Da quanto sei all’Ascenzione?

— Da circa un mese e mezzo. —

Il capitano dello Sparviero pensò un momento, poi disse:

— È vero: il calcolo è esattissimo. Col barone si trova sempre quella fanciulla?

— La signorina Wanda? Sì, sempre, — rispose l’avventuriero. — Povera ragazza!