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La vendetta dei forzati 35

CAPITOLO IV.

La vendetta dei forzati.

Bedoff e Wassili, dopo d’aver assistito al colloquio fra il comandante di marina ed il brutale capitano Stryloff e aver udita la consegna data al cosacco di fucilare come cani qualunque persona avesse tentato di entrare nella stanza, si erano prudentemente ritirati per tornare fra i forzati.

Se avessero voluto, avrebbero potuto facilmente ammazzare il cosacco di guardia, con un paio di colpi di rivoltella, e poi entrare e rapire il prigioniero. Il timore però che la detonazione facesse ritornare il capitano ed accorrere le sentinelle che vegliavano attorno al penitenziario, li avevano trattenuti, malgrado il loro intenso desiderio di avvertire il disgraziato comandante che nulla aveva da temere e che tutto era pronto per salvarlo.

— Lasciate fare a me, signore, — aveva sussurrato Bedoff all’orecchio di Wassili. — Nell’attesa noi non perderemo nulla e vostro fratello non cadrà nella fossa che gli è stata preparata.

I cosacchi sono pieni come otri, le sentinelle sono poche e noi siamo in molti.

Giuocheremo un brutto tiro al capitano.

— Sarà lui che passerà sotto il consiglio di guerra e che verrà fucilato, — aveva risposto Wassili. — Sarà la prima vittima della vendetta di mio fratello e anche della mia. —

Passando per un altro corridoio, avevano raggiunto inosservati il dormitorio dei forzati.

I sei marinai della scialuppa avevano già indossata la lugubre divisa dei politici condannati a vita e stavano accomodandosi intorno alle gambe le catene, aiutati dai prigionieri.

In quel momento cominciava a rullare il tamburo, battuto a gran forza da Uska.

— Signore, — disse Bedoff a Wassili, presentandogli un vestito