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il re della montagna 131

Mirza gli si precipitò dietro e, afferrandolo per le braccia, gli chiese:

— Disgraziato, dove vai?

— A vendicare mio padre e mia madre! — rispose il giovanotto con fierezza.

— Vuoi farti uccidere?

— Non teme la morte il Re della Montagna.

— E la tua Fathima?... Non l’ami più adunque?

— Nadir!... Oh mio prode Nadir! — esclamò la giovanetta, tendendo le mani verso di lui.

In quell’istante apparve sulla porta Harum, seguìto dai montanari. Avevano in mano i loro fucili ed erano saliti, credendo che il giovane Re della Montagna corresse qualche pericolo.

— Che cosa desideri, Re della Montagna? — chiese Harum.

— Nulla — disse Mirza, prevenendo la risposta di Nadir.

— Mirza! — esclamò il giovanotto.

— Silenzio, Nadir!... Io t’ho amato come se tu fossi mio figlio, e tuo padre ti ha affidato a me.

— Ti obbedisco, Mirza.

— Dimmi, figliuol mio: l’ami questa fanciulla?

— Più della mia vita.

— Vuoi farla tua? È degna di te.

— Sì, Mirza.

— Harum — disse il vecchio. — Recati ad Ask senza perdere tempo e va’ a prendere il mollah della moschea: voglio che domani sera si compia il matrimonio.

— Siamo pronti a partire, Mirza — rispose il montanaro.

— Prenderai dei cavalli freschi nella scuderia del castello.

— Sta bene.

— Andate, amici, e guardate di non cadere in qualche imboscata.

— Abbiamo i nostri fucili.

Harum ed i montanari uscirono. Fathima si gettò fra le braccia di Nadir mormorando:

— Quanto t’amo!... Sono troppo felice!...

— Mia!... Mia per sempre! — esclamò il giovanotto, stringendosela al petto.

— Ah!... Ora sì, è bella la montagna!

— Figli miei — disse Mirza. — Sedetevi presso il fuoco ed ascoltatemi: è tempo che voi sappiate chi siete.