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il re della montagna 133

«Non scorderò mai quella notte tremenda, dovessi vivere cent’anni. Erano giunti in quei giorni al palazzo reale la sorella di tua madre e lo sposo suo, il khan di Irak-Adjem, conducendo con loro la figlia, una bambina di pochi mesi, ancora poppante, bionda, cogli occhi neri, bella come un bottoncino di rosa.»

— Chi era? — chiese Nadir.

— Eccola — rispose Mirza. — La tua Fathima.

— Ma noi adunque siamo...!

— Cugini, Nadir.

— Ah!... Fathima!...

— Mio Nadir! — esclamò la giovinetta.

— Il sangue non s’ingannava adunque!

— No, non si è ingannato — disse Mirza. — Da quell’epoca son trascorsi quindici anni, ma io vedendo questa fanciulla dinanzi a me, quando tu le hai levato il turbante, ho creduto di ravvisare la piccina da me veduta nel palazzo reale di Teheran.

— Continua la tua istoria, Mirza. A suo tempo il miserabile pagherà l’infame tradimento.

— Tuo padre, — riprese il vecchio, con voce sempre più commossa, — ignorava la congiura. Nel palazzo reale tutti dormivano. Udendo tuonare improvvisamente il cannone, tuo padre si svegliò e balzò dal letto afferrando le proprie armi. Tua madre, atterrita, cercò di trattenerlo, ma egli si slanciò nella sala del trono tuonando:

«— A me, mie guardie!...

«Era troppo tardi. I ribelli erano entrati nella piazza di Meidam, avevano sorprese le sentinelle ed invaso il palazzo, mandando grida di morte e chiedendo la testa di tuo padre. La popolazione, terrorizzata, non ardiva uscire dalle proprie case. Le guardie scampate al massacro, i servi, i valletti, i guardiani, fuggivano per le sale, opponendo una debole resistenza. Tuo padre, in mezzo a tanto tumulto, non si perdette d’animo.

«Radunò attorno a sè un centinaio d’uomini, fece scendere tua madre, ed i cognati colla bambina, e ripararono nel giardino, barricandosi in un padiglione, le cui mura massicce potevano opporre una seria resistenza.

«Gli assalitori, cento volte più numerosi, briachi di carneficina, aizzati dal traditore, che non inorridiva di lordarsi del sangue de’ suoi parenti, investirono furiosamente il padiglione, sfondando le porte e le finestre.