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Pagina:Salgari - Il re della montagna.djvu/135

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il re della montagna 135

— E tu non me lo hai detto!... Avrei potuto salvarlo.

— Ti saresti fatto uccidere inutilmente, Nadir, poichè Mehemet è potente. Ti celai la fine sciagurata del padre tuo, ti impedii di scendere a Teheran per tema che ti scoprissero, e ti feci adottare dai cacciatori della montagna, fra i quali si celano dei ricchi signori, caduti in disgrazia e banditi da Teheran dallo sciàh attuale, ed essi ti proclamarono loro re. Sentivano per istinto che tu sei di sangue reale e non si sono ingannati.

«Tu hai creduto di essere figlio di qualche cacciatore di montagna, o di qualche ricco bandito, e invece sei figlio di re. Non hai che pochi sudditi, Nadir; ma in questi sotterranei sono nascosti dei tesori immensi, dei monti d’oro e dei cofani pieni di diamanti, coi quali potresti radunare un esercito potente e fare la guerra ai traditori. Il tempo non è ancora giunto, Nadir; ma oggi si cospira per te a Teheran, ed i fedeli di tuo padre non attendono che la tua comparsa per impugnare le armi. Oggi sono pochi, perchè si teme lo sciàh: fra qualche mese quanti saranno? Molti, figlio mio, e la tempesta che rugge sordamente dentro la capitale persiana, scoppierà un giorno tremenda.

— Ma Fathima? — chiese Nadir. — Perchè non l’hanno uccisa?

— Nel furor della mischia, un soldato nemico la vide e gli mancò l’animo di uccidere una creatura così debole. La raccolse, la salvò di fra le mura cadenti e le fiamme dell’incendio e l’affidò ad una tribù di illiati del Mare Caspio.

«Più tardi seppi che il traditore, forse inorridito da quella strage, la fece cercare e l’accolse in casa sua. Ecco perchè la tua giovane fidanzata non perì in quella notte tremenda.»

— Ah! — esclamò Fathima. — Lo sentivo per istinto che quell’uomo doveva essere un traditore; egli mi faceva paura.

— Il sangue non s’inganna, Fathima — disse Mirza. — Ora basta, figliuoli miei; fra due ore l’alba sorgerà e voi dovete essere stanchi. Dormite tranquilli e domani sera il mollah vi unirà per sempre.

Nadir accese un candelabro e conducendo la giovanetta verso una porta laterale le disse:

— È la tua stanza. Sogna di me come io sognerò di te, amor mio.

— A domani, mio Nadir — diss’ella raggiante di gioia.