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14 emilio salgari

Il vecchio lo ricevette fra le braccia e se lo strinse teneramente al petto, come avrebbe fatto una madre col figlio.

— Mi sembra che sia scorso un anno, — mormorò il vecchio, — e sono invece soli quattro giorni. Ti sei annoiato, figlio mio?

— Un po’, lo confesso — disse Nadir. — Ma tu sei inzuppato d’acqua! Pazzo! Salir quassù con simile tempo! Non odi il vento ruggire sulla montagna e scrosciare le folgori? Non odi tu le valanghe precipitare negli abissi? Potevi restar ucciso.

— Sarebbe morto un povero vecchio — disse Mirza con un triste sorriso.

— Ed il tuo Nadir?

— Hai ragione, figliuol mio. Sono il solo tuo amico.

— Siedi accanto al fuoco, Mirza, e narrami qualche cosa sulla tua misteriosa gita nella pianura.

Il vecchio si sbarazzò del lungo soprabito, che gettò in un canto, e si sedette presso alla catasta di legna, che mandava un benefico calore.

— Di’ su, Mirza — riprese Nadir dopo alcuni istanti di silenzio. — Dove sei andato?

— Nella pianura, tu ben lo sai.

— Non basta.

— A Teheran, — aggiunse il vecchio dopo qualche esitazione.

Un lampo balenò negli occhi di Nadir.

— Teheran — mormorò egli, diventando pensieroso.

— Ti dispiace, figlio mio?

— No, ma vorrei sapere ciò che vai a fare in quella grande città.

— Ho qualche amico — rispose il vecchio. — Mi reco a trovarlo due sole volte all’anno.

— Chi è?

— Non te lo posso dire, figliuol mio.

— Perchè?

Mirza non rispose. Il suo viso erasi improvvisamente oscurato e gli occhi inumiditi.

— Mirza — disse il giovinotto dopo qualche minuto.

— Che vuoi, Nadir?

— Mi condurrai a Teheran qualche volta?

— A Teheran! — esclamò il vecchio con accento di terrore. — Che vuoi fare tu a Teheran?