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il re della montagna 205

Saliti sessanta gradini, si arrestò un istante, tendendo gli orecchi, poi, rassicurato dal profondo silenzio che regnava in quella parte del castello, si avanzò in uno stretto corridoio e si fermò dinanzi ad un ostacolo che chiudeva il passo.

— Ci siamo — sussurrò a Nadir.

— Che cos’è quell’ostacolo?

— Basta premere il bottone che ho sottomano per farlo cadere. È il fondo d’un grande quadro.

— Odi nessun rumore?

Il begler-beg accostò un orecchio al quadro ed ascoltò con profonda attenzione, rattenendo il respiro.

— V’è qualcuno nelle stanze — disse poi con voce alterata.

— Che cosa hai udito?

— Come un lamento od un singhiozzo soffocato.

— Grande Allah! — mormorò Nadir. — Ho il cuore che mi si spezza!...

— Che vuoi dire, mio signore?

— Apri — disse Nadir.

— Ma verremo subito scoperti, signore.

— Abbiamo le nostre armi, ed ai primi spari i nostri cavalieri si slanceranno all’assalto. Apri, te lo comando!...

Il begler-beg non esitò più. Premette lentamente il bottone, l’ostacolo s’abbassò, scomparendo in una fessura, e dinanzi a Nadir apparve una vasta stanza con le pareti coperte di splendidi arazzi ed il pavimento di superbi tappeti. Era illuminata debolmente da una lampada dorata sospesa al soffitto.

I suoi occhi caddero su di una giovane donna semi-sdraiata sopra un divano e che teneva il viso celato colle mani.

Impallidì, poi un’onda di sangue gli affluì al capo, ed un rauco suono gli rumoreggiò in fondo alla gola.

Si slanciò con un salto nella stanza, e precipitandosi verso quella donna, esclamò:

— Fathima!... Guarda il tuo Nadir!...

La giovinetta sussultò, alzossi di scatto, guardando, gli occhi lagrimosi, l’amato giovane, ed emise un grido soffocato.

— Tu... qui!... — balbettò infine.

Poi vacillò, come se le forze improvvisamente le fossero mancate, ma Nadir la ricevette fra le braccia, stringendosela fortemente al petto: