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94 parte i. — l’albatros.

— Vedo un altro picco più lontano, — disse Nunez, che aveva puntato un canocchiale.

— È il monte Purgatorio, — rispose di Chivry. — Lo vedremo meglio più tardi, quando avremo passata la foce del Rio Olmos. —

La grande baleniera, che navigava con sufficiente rapidità, essendo il vento costante anche in quello spazio di mare rinserrato fra le isole e la costa messicana, mise la prua verso l’ovest, in direzione della montagna, addentrandosi nella vasta e deserta laguna.

Un profondo silenzio, rotto a malapena dal gorgoglìo dell’acqua solcata dall’acuto sperone della svelta imbarcazione, regnava sopra quella distesa salmastra. Le bande dei rincopi e gli stormi delle anitre, spaventati dalla comparsa di quegli stranieri, eransi dileguate fuggendo verso le lontane coste o celandosi fra le fitte macchie di canne, e gli stessi alligatori sorpresi nel loro sonno e disturbati, avevano guadagnato gli strati fangosi del fondo.

Il sole, che versava torrenti di luce calda, ardente, alzava ovunque nembi di nebbia che il vento trasportava or qua e or là, lacerandoli e poi riunendoli attorno ai banchi sabbiosi e agli isolotti.

Il barone e il capitano tacevano e i due marinai manovravano silenziosamente le vele, mentre il giovane marchese, fulminato dal potente narcotico somministratogli la mattina, giaceva quasi senza vita nel fondo della imbarcazione.

A mezzodì, quando più calda era la temperatura, il vento cadde lasciando la baleniera quasi immobile in mezzo ad un’atmosfera soffocante; ma verso le due riprese a soffiare con maggior forza di prima.

Al tramonto, il barone, che osservava attentamente la costa occidentale, indicò una larga imboccatura che pareva salisse verso il nord-ovest, e un altro monte che sorgeva sulla riva sinistra.

— La foce del San Fernando, — disse. — Ed ecco là il monte Purgatorio.

— Siamo lontani ancora? — chiese Nunez.

— Il fiume è lassù, e non vi giungeremo prima dell’alba.

— Allora ceniamo e poi facciamo una dormita. —