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110 parte i. — l’albatros.

— Che cosa contate di fare? — chiese il barone.

— Forzare il passaggio e fuggire nell’Atlantico. La notte è oscura, la tempesta continua, e forse potrò speronare quel dannato legno e cacciarlo a fondo per sempre.

— Non ci darà addosso, la nave che ci spiava?

— Non la scorgo più; noi camminiamo più rapidi e sarà rimasta indietro.

Poi volgendosi verso Mumbai:

— Fa’ poggiare la nave sotto la costa e spegnere i fanali. Forse possiamo uscire dal golfo inosservati ed evitare un inutile combattimento.

— Ma i banchi? Con questa oscurità potremo scorgerli? — chiese il gigante.

— Il fragore delle onde che vi si rompono, ce li indicherà. Affrettiamoci, e per non lasciarci sorprendere impreparati, fa’ portare sul ponte le armi e caricare le artiglierie.

L’Albatros per la seconda volta poggiò verso la costa, sperando di poter passare, non visto, dinanzi alla goletta che doveva incrociare all’uscita del golfo, e che doveva tenersi in guardia, dopo quel razzo.

L’equipaggio, trasportate le armi in coperta, si era disposto lungo le murate, ai bracci di manovra, pronto a virare. Gli occhi di tutti si fissavano ansiosamente sulle cupe onde, credendo di scorgere improvvisamente le navi nemiche. Sentivano tutti, per istinto, che un tremendo pericolo li minacciava e che stavano per giuocare una partita disperata.

Erano già trascorse due ore, e l’Albatros stava per raggiungere i banchi che si estendono fra la costa e le isole, quando dinanzi alla prua, a sole cinque gomene di distanza, apparve una massa nera e subito dopo si videro due punti luminosi.

Quasi nel medesimo istante, un gran lampo illuminava la notte.

Un urlo di furore irruppe dai petti dei negrieri.

— La goletta!...

— E ci viene addosso! — esclamò Mumbai. — Siamo stati scoperti.