Pagina:Salgari - Il re della prateria.djvu/227

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capitolo xii. — il tradimento. 221

— Chiedo giustizia, non insulto.

— E giustizia avrai.

— Mi cedi il cacciatore?

— Sì, ma quando l’avrò scotennato.

— Bada che egli è protetto dal gran capo bianco.

— Egli è lontano e quando verrà qui, il cacciatore non vivrà più.

— Ma gli narreremo la tua malvagità.

— Hug!... I visi-pallidi sono nostri nemici, e le vostre capigliature orneranno i nostri wiwam!... —

Sanchez si era alzato di scatto.

— Cane d’un Apache! — urlò. — A me, amici!... —

Colla rapidità di un lampo aveva estratte le pistole. I quindici Indiani, che forse non aspettavano che un segnale per gettarsi addosso agli uomini bianchi, balzarono innanzi come un solo uomo, gettando selvaggi clamori.

Il messicano scaricò i suoi colpi nel più folto del gruppo, poi con una spinta irresistibile rovesciò quelli che cercavano di chiudergli il passo e si precipitò fuori della tenda gridando:

— Fuoco e fuggite!... —

Lì presso c’erano i cavalli. Balzare sul suo, cacciargli gli sproni nel ventre e attraversare il campo prima ancora che gli altri Indiani, stupiti, pensassero a chiudergli il varco, fu un solo momento.

Raggiunta la macchia, si volse per vedere se era seguìto dai suoi compagni; ma scorse invece una banda d’Indiani che si lanciava ventre a terra sulle sue tracce.

— Gran Dio! — esclamò. — Sono stati presi!... —

Alcune detonazioni che parevano prodotte da scariche di pistole ed urli feroci giunsero al suo orecchio. Senza dubbio, nella grande tenda del Consiglio si combatteva.

Esitò un istante, non sapendo se salvarsi o se ritornare per dividere la triste sorte dei suoi disgraziati compagni; ma poi cacciò gli speroni nel ventre del cavallo e fuggì velocemente verso l’est, mormorando:

— Forse posso ancora salvarli; tutto dipende dalla resistenza del mio corsiero. —