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capitolo viii. — la caccia al negriero. | 69 |
— Sì, signor ufficiale, — rispose Nunez con fina ironia. — Forse ciò vi sorprende?
— Chi è costui? — chiese, additando il barone.
— Il barone Renato di Chivry, suddito degli Stati dell’Unione Americana e mio passeggiero.
— Chi siete voi?
— Il capitano Fernando Nunez, di Cadice.
— È vostra questa nave?
— Mia.
— Di dove siete partito?
— Da Rio Janeiro.
— E vi recate?
— Nel Golfo del Messico.
— Sono in ordine le vostre carte?
— Lo credo. —
L’inglese tornò a squadrare dall’alto in basso il negriero, poi gittò un lungo sguardo sull’equipaggio, che si era schierato parte a poppa e parte a prua, e disse:
— Perchè tenete un equipaggio così numeroso, mentre dodici uomini basterebbero per manovrare il vostro brick?
— Perchè così mi garba, signore, — rispose il negriero con tono acre. — Si deve forse chiedere il permesso all’Ammiragliato inglese per portare trenta uomini invece di dodici? Sono suddito spagnolo e non devo render conto che alle autorità del mio paese.
— Tranquillatevi, capitano Fernando Nunez, di Cadice, — disse l’inglese con ironia accentuata. — Prima datemi delle spiegazioni.
— E con quale diritto me le chiedete?
— Col diritto che hanno le navi da guerra di tutte le nazioni civili, di visitare le navi sospette. —
Il negriero impallidì, non di paura, ma di rabbia.
— E che?... La mia nave è sospetta?
— Pare, — rispose flemmaticamente l’inglese. — Ditemi, capitano Fernando Nunez, di Cadice, chi era quell’uomo che si gettò in acqua da un sabordo di poppa e che voi riprendeste dopo una lotta ostinata?
— Uno dei miei marinai.