Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/124

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— Ma mi assicurate proprio che non morrà?

— Ve lo prometto, Diego.

— Se dovesse morire, io non avrei più bene sulla terra.

— Non disperatevi, e agite. I minuti sono preziosi.

Diego non se lo fece dire due volte. Strappò le erbe per un giro di tre o quattro metri, onde il fuoco non si comunicasse alla prateria, causando una terribile catastrofe, e mise a bollire la marmitta, dopo avervi versato dentro un po’ d’acqua. Aveva appena finito, che Pedro tornava recando il sacchetto e la tazza.

Ramon aprì il primo ed estrasse una radice nera, di forma allungata, che tagliò a metà con un colpo di navaja. Fece a pezzetti una parte, gettandoli poscia dentro la marmitta, che cominciava già a grillettare, e si mise a masticare vigorosamente l’altra, riducendola in una specie di pasta.

— Ma cos’è quella roba lì? — chiese Diego, che lo guardava con viva ansietà.

— Una radice e niente di più, ma che guarirà quel caro ragazzo, — rispose il gaucho.

Cardozo, che fino allora non aveva dato segno di vita, in quel momento apriva gli occhi. Il poveretto, pallido, disfatto, già quasi irrigidito dalla morte, che si avanzava a grandi passi, aprì con fatica la bocca e mormorò:

— Diego!... Diego!...

— Eccomi, piccino! — rispose il mastro, curvandosi su di lui.

— Sto orribilmente... male...

— Lo vedo; ma Ramon ti salverà.

Il ragazzo sorrise tristemente e scosse il capo.

— Temo che sia troppo tardi... — mormorò.

— No: ti salveremo; me lo ha giurato Ramon, e quell’uomo lì non è tipo da promettere senza mantenere.

— Oh!... Ma non ho... paura di... morire; è che mi... dispiace lasciarti... solo... qui...

— Coraggioso marinajo! — esclamò il mastro, le cui abbronzate gote erano irrigate da due grossi lagrimoni, forse i primi che spargeva in quarant’anni.