Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/137

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— Ah! Se non avessi questo povero ragazzo!

— Cosa fareste?

— Mi imboscherei in qualche macchia e poi aprirei un fuoco d’inferno su quelle canaglie.

— Sono troppi, Diego. Il meglio che ci resta è di continuare a fuggire e di attraversare il Rio Negro prima di loro.

— Se lo potremo. Il mio cavallo comincia a dar segni di stanchezza.

— Chissà che gl’Indiani corrano tutti sulle mie tracce. Voi intanto correte sempre diritto e possibilmente gettatevi attraverso a quell’altura che vedo sorgere là in fondo. Forse colà troverete qualche nascondiglio.

— E dove ci ritroveremo?

— Al di là del Rio.

In lontananza si udì un’altra detonazione, accompagnata da un urlo di furore.

— Ecco Pedro che si fa sentire, — disse Ramon. — Addio, Diego, e se non vengo ucciso, contate su di me.

— Grazie, mio buon amico, e siate certo che non dimenticherò mai quanto vi devo.

Ramon fece cenno al mastro di andare innanzi, poi tornò bruscamente indietro, come se volesse caricare gl’Indiani.

Pochi minuti dopo Diego, che aveva continuato la corsa, udì un colpo di trombone e, voltatosi, vide Ramon fuggire ventre a terra verso l’ovest, seguìto da una banda di cavalieri.

— Bravo giovane! — esclamò il lupo di mare con voce commossa. — Se esco sano e salvo da questo deserto, lo raccomanderò come si merita al Presidente della Repubblica. Ah!... Ancora quei birbanti!... Decisamente l’hanno con me, e non c’è verso di mandarli a casa di messer Belzebù!... Marinajo mio, questa volta non scappi più dalle mani di quei pagani!...

La manovra dei due coraggiosi gauchos pur troppo non era riuscita interamente come avevano sperato. Il grosso della truppa, quantunque considerevolmente assottigliato, non aveva abbandonato l’inseguimento del terzo cavallo, montato dal marinajo e da Cardozo.