Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/139

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Il cavallo, invece di ubbidire, si arrestò colla testa china verso terra.

— Avanti! — gridò il mastro, piantandogli spietatamente gli sproni nel ventre.

Il povero animale mandò un nitrito di dolore e salì la collina di galoppo; ma era proprio l’ultimo sforzo. Aveva percorso appena quattrocento passi, quando tornò ad arrestarsi, cadendo sulle ginocchia.

— È finita! — esclamò il mastro, tergendosi il freddo sudore che imperlavagli la fronte. — Non si va più innanzi! Fortuna che questi pagani, se mi prendono, non conoscono il valore dei diamanti! Presto, a terra, e pronti a difendere la pelle!

Si gettò in ispalla le carabine, prese fra le braccia Cardozo e si mise a salire la collina correndo. I patagoni erano allora giunti al basso. Sette od otto bolas vennero lanciati dietro al marinajo, ma non lo colpirono. Il cavallo, che aveva appena abbandonato, ferito alla testa, stramazzò al suolo per non più rialzarsi.

— Animo, marinajo! — gridò il mastro. — La fortuna mi protegge.

In quell’istante i suoi occhi caddero su di una roccia, che al basso presentava una nera apertura, una caverna senza dubbio.

— Sono salvo! — esclamò, e si diresse a quella volta a tutte gambe; ma ormai era troppo tardi.

I patagoni salivano la collina di gran galoppo, mandando grida di trionfo.

In pochi istanti quindici o venti cavalieri gli furono addosso, urtandolo furiosamente. Il mastro cadde, trascinando nella caduta Cardozo.

S’alzò furioso con una carabina in mano e la scaricò a casaccio in mezzo al gruppo. Stava per impugnarla per la canna onde servirsene come di una mazza, quando si sentì afferrare per di dietro e rovesciare violentemente a terra.

Un indiano di statura gigantesca alzò su di lui il pugno, grosso quanto una mazza di fucina, e lo percosse furiosamente sul cranio.

— Aiuto! — gridò, e stramazzò al suolo come fulminato!