Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/17

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L’ardito condottiero si rifugia cogli scarsi avanzi a Tebicuary, poi a Timbo, che fortifica, indi a Villarica, città posta a dieci leghe sotto Assuncion, e finalmente a Villeta. Gli alleati, che lo inseguono accanitamente, lo assaltano in quest’ultima città e lo costringono a rifugiarsi ad Angostura dopo un combattimento di sei giorni. Il 27 dicembre gli si intima la resa.

Ma Lopez non si crede ancora vinto e fieramente la rigetta. Gli alleati montano all’assalto, s’impadroniscono del ridotto centrale, e la flotta entra nel porto di Assuncion, dove egli si è rifugiato.

Impotente ormai a resistere, si vede costretto nuovamente a fuggire, lasciando nelle mani dei nemici la capitale, tremila uomini e sedici cannoni, quanto cioè rimaneva del suo esercito, che da tre anni lo aveva seguìto su tutti i campi di battaglia.

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Dieci giorni dopo che il telegrafo aveva recato agli Stati d’Europa e d’America la notizia della caduta della capitale del Paraguay, della completa sconfitta delle truppe e della fuga del presidente Lopez, e quando già ormai da tutti si considerava la guerra come definitivamente terminata, un dispaccio cifrato, spedito da Valparaiso, giungeva a Boston all’agente consolare del Paraguay.

Il suo significato era il seguente:


«Tenetevi pronto a ricevere l’agente governativo signor Josè Calderon, partito il 29 dicembre da Rio Janeiro. Reca le istruzioni necessarie pel comandante dell’incrociatore il Pilcomayo, dato che questa nave sia ancora in porto.

Solano Lopez».



Il 10 gennaio, verso il tramonto del sole, un uomo in abito da viaggio, che portava a bandoliera una piccola valigia, si presentava all’agente consolare, che si trovava occupato nel suo gabinetto.