Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/176

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— Non ne so più di te, rispose il mastro; — ma io penso che dovremmo approfittare di questa confusione per prendere il largo.

— E vuoi tu lasciare qui il signor Calderon?

— Hai ragione, figliuol mio. Ah! Se si potesse sapere dove si trova quel benedetto uomo! L’ho sempre detto io che quel gambero ci sarà più d’impiccio che di utilità.

— Cerchiamolo, e, se lo troviamo, faremo giuocare le gambe.

— Dei cavalli però, poichè noi non potremo andare molto lungi colle nostre.

Non vedendo nessuno nei pressi della loro tenda, si gettarono in mezzo all’accampamento, procurando di non farsi scorgere; ma non avevano ancora fatto venti passi, che videro i Patagoni ritornare verso le loro tende. Parevano ancora in preda ad una viva eccitazione e mandavano grida di rabbia.

— Troppo tardi, — disse Cardozo, fermandosi.

— Tuoni e lampi! — esclamò il mastro, digrignando i denti e applicandosi un furioso pugno sul capo. — Che abbiano ributtato i nemici?

— Ma quali nemici? Dev’essere un falso allarme, poichè vedo che tornano tutti.

— Ma mi sembrano furiosi.

— Che scoppino!

— Ehi! Marinaio, tu diventi idrofobo, — disse il ragazzo ridendo.

— Bisogna diventarlo. Ecco una bella occasione perduta, e tutto per colpa di quel dannato agente del Governo. Senza di lui a quest’ora noi saremmo lontani.

— Dove vanno i figli della luna? — chiese in quell’istante una voce, dietro di loro.

Si volsero e si trovarono dinanzi al capo e al signor Calderon.

Il mastro stava per rispondere, ma il capo non gli lasciò tempo, poichè riprese subito con accento irritato:

— Poco fa un giaguaro del Rio Negro è entrato nel mio