Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/208

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— Pampas, o Argentini? — chiese il capo, appena furono a portata della voce.

— Argentini, — risposero i due esploratori.

In un baleno tutti i guerrieri che si tenevano appiattati fra i cactus furono in piedi colle armi in pugno, affollandosi sulla riva. Cardozo, il mastro e perfino il flemmatico signor Calderon erano pure accorsi.

— Quanti? — chiese il capo, i cui occhi brillavano come quelli d’un gatto, nella profonda oscurità che avvolgeva la pampa.

— Dodici, — risposero gli esploratori.

— Dove sono accampati?

— A cinquecento braccia dal fiume.

— Armati?

— Di fucili.

— Hanno carri?

— Quattro.

— Sta bene, — concluse il capo.

Diego, che non aveva perduto una sillaba, si fece innanzi.

— Capo, — disse, — cosa intendi di fare?

— Darò battaglia ai cristianos.

— E noi cosa dobbiamo fare?

— Verrete con noi e ci aiuterete: ma vi avverto che al menomo sospetto vi faccio abbruciare vivi tutti e tre.

— Grazie dell’avviso, capo, — disse il marinajo.

Hauka, che pareva impaziente di dare addosso ai cristianos, certo di guadagnare un bel bottino, fece montare in sella i suoi uomini, raccomandò a tutti di avvolgere nelle coperte le teste dei cavalli onde non nitrissero, poi entrò nel fiume.

Il passaggio si operò nel più profondo silenzio e nel massimo ordine, grazie all’assenza dei caraibi, delle anguille elettriche e dei caimani, i tre flagelli dei fiumi dell’America meridionale. Alle nove la banda toccava la riva opposta, nascondendosi fra i cespugli.

— Non si attacca dunque? — chiese Cardozo, vedendo che i Patagoni discendevano di sella.

— I briganti sono furbi come giaguari, — rispose Diego