Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/219

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dei compagni, era caduto e pareva che non fosse più capace di muovere nè le gambe, nè le braccia, tanto era ubriaco.

— E uno, — disse il mastro; — quello lì non si muoverà per ventiquattr’ore.

— E due, — disse Cardozo. — Ecco là un altro che stramazzato come uno colpito da sincope.

— Segno che quella cána è di qualità eccellente.

— C’è pericolo che dopo diventino furiosi?

— Tanto peggio per loro, se vogliono prendersela con noi. Ho trovato i pacchi delle cartucce che Hauka ci aveva presi quando ci fece prigionieri: possiamo quindi mandare al diavolo tutti questi ubriaconi... E quattro!...

Infatti, altri due Patagoni erano ruzzolati per terra, come se fossero morti. Gli altri continuavano a immergere le loro manacce nei barili; ma non ne potevano più e mantenevansi ancora in piedi per un prodigio di equilibrio.

Alcuni, diventati furibondi per le soverchie libazioni, altercavano già e si scambiavano formidabili pugni, mentre altri cantavano a squarciagola e saltavano disordinatamente coi capelli sciolti, i manti laceri, gli occhi strambuzzati, e due o tre si dimenavano per terra in preda a violente convulsioni, mentre nelle mani raggrinzate stringevano delle strane pipe, nelle quali avevano fumato chissà mai quale strana miscela.

— Che si siano avvelenati? — chiese Cardozo, che si era alzato per meglio osservare quegli strani fumatori.

— No: si divertono, — rispose il mastro.

— Ma non vedi che si contorcono come se soffrissero?

— Ti ripeto che si divertono.

— Mi spiegherai un po’ in qual modo.

— Osserva quel fumatore e non perderlo di vista.

Un Patagone, che si manteneva in equilibrio per un vero miracolo, si era in quel momento allontanato dai compagni, che continuavano a disputarsi accanitamente gli ultimi sorsi di cána, tenendo in mano la sua pipa di pietra.

Sdraiatosi, o, meglio, lasciatosi cadere fra le erbe, la caricò con un pizzico di tabacco, mescolandovi una certa sostanza che pareva avesse raccolto da terra.