Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/37

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uno strappo a questa corda che scende dall’alto e aprire la valvola.

— Quando conosci la manovra necessaria per discendere, non ti domando di più, Diego.

— Vedremo se basterà, Cardozo.

— A quale altezza ci troviamo?

— A tremila metri, — rispose il mastro, — ma tendiamo ad alzarci ancora, poichè vedo che il barometro si abbassa.

— Buono! Non mi spiacerebbe salire in cielo.

— Ciò non accadrà, sta certo, ragazzo mio: anzi non tarderemo a scendere, lo vedrai. Il gas sfugge sempre, per quanto sia buono il tessuto che lo tiene prigioniero.

— Di’: non ti pare che il pallone sia stato poco riempito? Vedo che fa delle grandi pieghe.

— Se lo avessero riempito completamente, a quest’ora sarebbe scoppiato, poichè, quantunque non m’intenda di manovrare simili vascelli dell’aria, so che il gas si dilata di mano in mano che il pallone sale e che diminuisce la pressione atmosferica, in virtù della sua forza espansiva, e so ancora che parecchi aerostati sono scoppiati per averli appunto troppo gonfiati.

— Speriamo che non ci tocchi una simile sorte. Diamine! Che brutto capitombolo, mio vecchio lupo di mare!

— Un saltino di tremila metri!

— Meno male che abbiamo il mare di sotto.

— Ma nessuno di noi lo toccherebbe ancora vivo: te lo assicuro, Cardozo.

— Camminiamo molto? È strano: si direbbe che noi siamo perfettamente immobili.

— E invece io credo che corriamo con grandissima velocità. All’alba vedremo quanto saremo lontani dalla costa americana. Ah! Se potessimo attraversare la Repubblica Argentina e calare in mezzo al Paraguay, fra le brave truppe del nostro valoroso Presidente! Sarebbe quello il più bel giorno...

Un risolino secco secco, ironico, gli interruppe la frase. Il vecchio marinaio si volse cogli occhi in fiamma e la fronte aggrottata, e si trovò dinanzi all’agente del Governo, il quale,