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il treno volante 123


— Non vi sarebbe posto per due — rispose il negro.

— Allora io rimarrò quassù e farò fuoco quando i giganti passeranno sotto la piattaforma — disse Matteo.

— Li faremo fuggire da questa parte — rispose Sokol. — Voi dovete fare una cosa.

— Dimmela.

— Quando udrete il primo sparo, mandate alcuni razzi sulla riva opposta, onde impedire agli elefanti di guadare il fiume e di fuggire.

— Lo faremo — disse Matteo.

— Venite, padrone.

Gettarono la scala, si armarono dei fucili e scesero fra gli alberi che vi erano foltissimi.

Gli elefanti continuavano a bagnarsi, ignari del pericolo che li minacciava.

Trovandosi a circa cinquanta passi dal baobab, non avevano ancora potuto avvertire la presenza dei cacciatori.

— Andremo ad aspettarli presso la riva? — chiese Ottone al negro.

— Seguitemi, padrone — disse questo. — Vi condurrò in un luogo ove potrete far fuoco senza correre alcun pericolo.

— Mi hanno detto che quando gli elefanti vengono feriti si difendono ferocemente.

— Sono terribili ed i cacciatori rischiano di venire stritolati dalle loro proboscidi o schiacciati dai loro larghissimi piedi. Vi consiglio di essere molto prudente.

— Non mi esporrò troppo — rispose il tedesco.

Il negro condusse il cacciatore attraverso la foresta, facendogli fare un giro alquanto lungo, poi si arrestò in mezzo ad un banano immenso, formato da una cinquantina di tronchi.

— Voi rimarrete nascosto qui — disse Sokol indicandogli il centro del banano.

— E dove sono gli elefanti?

— A duecento metri.

— E perchè vuoi che io mi fermi qui?