Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/140

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136 emilio salgari


— E i coccodrilli? — si chiese rabbrividendo. — Questi fiumi sono sempre popolati da quei mostri.

Stava per retrocedere, quando urla acute scoppiarono verso la stazione.

— È fuggito! — gridavano.

— Inseguiamolo!

— Quattro uomini nel bosco!

— Armate le scialuppe!

— Cento rupie a chi lo prende!

Il tedesco non esitò più. La paura di ricadere nelle mani dei negri la vinse su quella dei coccodrilli e si mise a nuotare rapidamente, dirigendosi verso la riva apposta.

Si era messo il coltellaccio fra i denti e gettava all’ingiro sguardi atterriti, credendo di veder sorgere improvvisamente la testa mostruosa di quei feroci abitanti delle acque dolci dell’Africa.

La traversata del fiume riuscì invece a compierla senza aver incontrato alcuno di quei mostri e anche senza essere stato scoperto dai negri della stazione, quantunque alcuni di loro si fossero lanciati nella scialuppa.

— L’impresa comincia bene — mormorò Ottone, arrampicandosi frettolosamente sulla riva e cacciandosi in mezzo a cespugli che crescevano intorno ai tronchi dei fichi sicomori.

Tirò il fiato, poi prese la corsa, tenendo in pugno il coltellaccio per essere pronto ad affrontare qualsiasi pericolo.

La foresta era molto intricata essendo interrotta da cespugli e da radici enormi, le quali s’intrecciavano in mille modi, rendendo sovente il passaggio tutt’altro che facile.

Alberi di ogni specie crescevano confusamente gli uni accanto agli altri, formando col loro fogliame una vôlta impenetrabile ai raggi della luna.

Vi erano banani immensi, felci arborescenti, datteri selvaggi, miombo, baobab, ammassi di bambù spinosi, fichi sicomori, acacie giraffe e un numero infinito di palme di tutte le specie.

Il tedesco continuava a correre all’impazzata, volgendo sempre le spalle al fiume.