Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/200

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tendosi ferocemente. Era lungo tre o quattro metri e coperto da piastre ossee di tale spessore da sfidare le palle dei migliori fucili.

— Ben ramponato! — esclamò Matteo.

— Si poteva fare a meno di questo intruso — disse Ottone.

— Come sbarazzarcene?

— Le nostre palle a nulla serviranno.

— Aspettiamo che muoia.

— L’attesa sarà lunga — disse El-Kabir. — Questi sauriani hanno una vitalità straordinaria.

— Proviamo a bersagliarlo — disse Matteo.

— Non ne fareste niente — rispose l’arabo. — Bisognerebbe che il coccodrillo mostrasse il ventre.

— Tagliamo la fune.

— Sei pazzo, Matteo? Non abbiamo che questa àncora.

— E vuoi rimanere qui tutto il giorno?

— Il Germania, lo sai bene, presto comincerà a ridiscendere.

— Ho trovato! — esclamò Ottone.

— Che cosa?

— Il modo di liberarci dal coccodrillo.

— In quale modo?

— Quanto credi tu che pesi?

— Almeno due quintali.

— Abbiamo qui una cassa piena di filo di rame che destinavo ai sultani negri e che pesa press’a poco duecento chilogrammi.

— E cosa vuoi concludere?

— La faccio gettare nel lago e sollevo il coccodrillo — disse Ottone ridendo.

— Ottima idea!

— Che ci priva però della cassa — osservò El-Kabir.

— I sultani ne faranno a meno. Già, non ci mancano altri regali. Matteo, El-Kabir, aiutatemi.

Mentre Heggia sorvegliava la corda dell’àncora, i tre aeronauti