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il treno volante 227


— No — disse l’inglese. — Risparmiatelo e vedrete che dopo diverrà un umile agnellino dei figli del Sole.

— S’avvicinano — disse Matteo, che dall’alto del muricciuolo guardava attentamente verso la base della collina. — Sono già entrati nella boscaglia.

— Prepariamo i nostri proiettili — disse l’inglese.

— Quali? — chiese Ottone.

— Bombarderemo i boschi con dei macigni. Ne ho fatti trascinare qui una cinquantina, ed essendo i fianchi della collina molto erti, rotoleranno fino al basso. Artiglieri, al vostro posto!

I negri, già istruiti dall’inglese, si dispersero per la cinta e cominciarono a far rotolare in tutte le direzioni dei pezzi di roccia del peso di qualche quintale. Quegli enormi proiettili, precipitando, aprivano dei profondi solchi fra la boscaglia, abbattendo tutte le piante che incontravano. Rotolavano, rimbalzavano, rompevano, fracassavano con mille schianti.

Alcuni, trovando altri massi, li spostavano e li diroccavano, trascinandoli nella loro corsa vertiginosa.

Ben presto in mezzo ai boschi si udirono delle urla di terrore, poi alcuni colpi di fucile.

— I nostri proiettili hanno raggiunto la colonna — disse l’inglese.

— Dubito però che l’arrestino — disse Ottone.

— Ne abbiamo degli altri in serbo.

— E se non riuscissimo a sgominare la gente di quell’indemoniato arabo?

— Opporremo una prima resistenza dietro questo muro: poi ci ritireremo nella caverna.

— Purchè non ci affumichino.

— Ci difenderemo e non li lasceremo accostare — disse l’inglese.

— Si vedono?

— Le piante si muovono a mezza collina — disse Matteo.

— Bombardate! — comandò l’inglese.