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il treno volante 245


— Ora ci racconterai come sei riuscito a sfuggire all’arabo ed al sultano — disse Ottone, che ardeva dalla curiosità, a Heggia.

— In modo semplicissimo, signore — rispose il fedele servo. — Io m’ero messo a guardia della scala, quando fui avvertito che una grossa carovana stava avvicinandosi.

«Sospettai subito che si trattasse di Altarik e salii rapidamente sulla piattaforma, ritirando la scala e preparando le armi e le bombe. Non m’ero ingannato: era la carovana di Altarik che entrava.

Poco dopo mi veniva intimata la resa e la consegna immediata del nostro treno. Io risposi che se qualcuno avesse osato accostarsi, avrei tagliata la corda dell’àncora e avrei incendiata la città e per far loro comprendere che ne avevo i mezzi, feci cadere una bomba contro un gruppo di tettoie disabitate. Fu una fuga generale. Arabi e negri, spaventati, si salvarono nelle capanne più lontane, mentre le tettoie crollavano con fragore e si incendiavano. Un’ora dopo il sultano mi mandava i suoi ministri, scongiurandomi di non distruggere la città e promettendomi in cambio di non toccare la fune del Germania e di provvedermi di viveri freschi. Essi hanno mantenuto non solo la parola, ma tutti gli abitanti delle capanne che circondano il mercato hanno sgombrato le loro dimore per paura di ricevere una pioggia di bombe.

— Anche il sultano? — chiese Ottone.

— Ha lasciata la sua casa prima di tutti.

— E Altarik?

— L’arabo mi ha mandato un suo aiutante per indurmi a cedere il Germania promettendomi in cambio venti denti di elefante e cinquanta casse di mercanzie.

— E tu? — chiese El-Kabir.

— Ho risposto mostrando una bomba. Quell’atto è stato più che sufficiente per far scappare anche l’aiutante dell’arabo.

«Da quel momento non ho avuto più noie e, come vedete, vegliavo perchè non mi sorprendessero nel sonno. E voi, padrone, avete trovato il tesoro?

— Andiamo a caricarlo ora — rispose El-Kabir.