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Le anguille tremanti. 151

— Ecco il veleno, — disse ad Alvaro, mostrando quel succo. — Uccide ma serve anche di antidoto contro il morso di certi rettili e pulisce meravigliosamente il ferro. Bisogna quindi eliminarlo. —

Prese quindi il budello di nervature di foglie, il tupi come lo chiamano i selvaggi brasiliani, lo riempì di quella sostanza farinacea e lo torse con forza facendo colare al suolo tutto il succo che ancora rimaneva.

Ciò fatto, col residuo rimasto nel tupi, formò una bella focaccia che depose sulla piastra d’argilla, mettendola poi sulle brace.

— Ecco fatto, — disse.

Quando vide la pasta assumere una bella tinta dorata, la tolse dalla piastra e la offrì ai due portoghesi, dicendo:

— Potete mangiarla senza timore. Quel po’ di veleno che ancora rimaneva, si è volatilizzato col calore.

— Squisita! — esclamò Alvaro colla bocca piena.

— Cento volte migliore delle gallette di mare! — esclamò il mozzo che divorava ingordamente. — È una torta questa! Peccato che non ci sia un bicchierino di Porto o di Malaga per bagnarla.

— Se avessi del tempo e qualche vaso, potrei offrire se non del rosolio almeno del liquore forte e buonissimo, — disse il marinaio. — Io so fare il taroba e senza ricorrere ai denti delle vecchie.

— Il taroba! — esclamò Alvaro.

— Ricavato da questi tuberi, signore. Disgraziatamente non ho una pentola.

— E che cosa c’entrano i denti delle vecchie? —

Diaz stava per rispondere, quando i suoi orecchi furono colpiti da un rumore che veniva dalla parte del fiume.

— Gli Eimuri? — chiesero ad una voce i due portoghesi, preparandosi a spegnere il fuoco.

— No, — disse il marinaio. — Ho udito un grugnito e uno sbattere d’acqua.

— Un caimano allora? — chiese Alvaro.

Il marinaio scosse la testa, poi disse sottovoce:

— Seguitemi senza far rumore. È forse il companatico che sta per cadere sulle nostre gallette. —

Si gettarono in mezzo alla macchia più vicina per giungere inosservati presso il fiume e giunti presso la riva scostarono silenziosamente i cespugli, curvandosi sull’acqua.

A trenta o quaranta passi da loro un animale, che rassomi-