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Il supplizio del tradiytore 355

d’un metallo lucidissimo, entro il quale, riflettendosi i raggi come nel centro d’una lente, accendevano del cotone ben asciutto, si cucinavano con quello tutti gli animali uccisi e le carni venivano dispensate ai presenti.

La festa terminava con una distribuzione di pezzettini di pane, detto caucu, preparati dalle sacerdotesse del tempio del Sole, in sfide a chi più beveva ed in brindisi senza fine.

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L’indomani, prima dell’alba, don Raffaele ed i suoi compagni venivano bruscamente svegliati da un concerto di flauti e di tamburelli, accompagnato di quando in quando da vociferazioni acutissime. Pareva che dinanzi al tempio del Sole si fossero radunate parecchie migliaia di persone.

Don Raffaele ed Alonzo si erano svegliati in preda ad una viva inquietudine, temendo che gl’indiani si preparassero ad assalirli, malgrado le promesse di Manco e di Huayna. Il dottore però, che sapeva di cosa trattavasi, si affrettò a tranquillarli.

— Non temete, — diss’egli. — Comincia la festa di Raynù e gl’indiani si radunano per salutare l’astro che sta per comparire.

— Entreranno qui poi? — chiese Alonzo.