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160 Capitolo ventiduesimo

resta, impedendo al disgraziato prigioniero di udire le detonazioni delle armi da fuoco dei suoi amici, ma poi tutto d’un tratto cessarono.

— Toh!... — mormorò, un po’ inquieto. — Chi può aver interrotto quegli arrabbiati concertisti?... Che sia giunto qualche maestro armato di zanne e d’artigli?... La fuga precipitosa degli sciacalli mi mette dei sospetti, ma prenderò le mie precauzioni. —

Si cacciò dietro ai cadaveri della iena e dei due facocheri che potevano servirgli di barricata, avendoli messi l’uno sull’altro, puntò in alto il suo spiedo e stette in ascolto, cogli occhi fissi sui margini della buca.

Essendo la foresta ridiventata silenziosa, dopo alcuni istanti gli parve di udire un soffio poderoso, seguìto dallo scricchiolìo di alcune foglie secche.

— Qualcuno s’avvicina, — mormorò Antao, che si sentiva imperlare la fronte da alcune gocce di sudore freddo. — Che dopo le iene e gli sciacalli vengano i grossi carnivori?... Bella notte che mi si prepara e tutto per colpa di quei dannati porci. —

Tese nuovamente gli orecchi, ma cercando nel medesimo tempo di rannicchiarsi meglio che poteva dietro ai cadaveri, udì nuovamente il soffio poderoso e le foglie scricchiolare come sotto una violenta pressione.

Poco dopo, un oggetto lungo e grosso, di colore oscuro, scese nella buca, soffiando con tale forza da far rimbalzare l’acqua fangosa. Il portoghese si sentì rizzare i capelli.

— Dio me la mandi buona, — mormorò, facendosi più piccino che poteva. — È un serpente o è la tromba d’un elefante?... —

Guardò in alto e vide ferma, sull’orlo della trappola, una massa gigantesca che spiccava paurosamente fra le tenebre.

Era un elefante di taglia enorme, forse uno di quei vecchi solitari che vivono rintanati in mezzo alle più folte foreste e che sono i più pericolosi di tutti, poichè sono sempre d’un umore intrattabile.

Certo si era accorto della vicinanza dell’uomo ed aveva cacciata la proboscide nella buca, per cercare d’afferrarlo e scaraventarlo contro qualche albero.

— Morte di Urano e di Saturno, — mormorò Antao. — Non