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212 Capitolo ventottesimo

amazzoni in pieno assetto di guerra. Venivano a salutare gli ambasciatori a nome di Geletè e per guidarli nell’abitazione a loro assegnata.

Cinque minuti dopo facevano la loro entrata nella capitale del sanguinario monarca.


Capitolo XXIX

Nella tana del leone


Abomey era la città più popolosa del Dahomey ed anche la più fortificata, essendo la sede dei monarchi e delle principali forze dello stato.

Un grande bastione di terra battuta, capace di far fronte a qualsiasi assalto di soldati negri, ma non di opporre una lunga resistenza ad una batteria di cannoni europei, la circondava. Alcune brecce, aperte sopra dei ponti gettati attraverso il fossato, servivano di porte.

La città nulla però aveva d’attraente. Era un ammasso di tuguri dalle pareti di terra e coi tetti di stoppia, divise in parecchi salam ossia quartieri, con vie strette, sudicie, puzzolenti, dove marcivano carogne d’animali ed anche gran numero di corpi umani dopo le feste delle grandi usanze o dei costumi.

La sola cosa notevole era la grande piazza del Mercato, un quadrilatero immenso in gran parte occupato dalla reggia formata da un palazzo di dimensioni enormi, la cui facciata misurava oltre seicento metri, tutto traforato da un numero immenso di finestre senza imposte e dall’aspetto minaccioso. Due vaste terrazze che servivano pei sacrifici umani, guardate da parecchi pezzi d’artiglieria, lo fiancheggiavano, mentre un alto e solido muro lo proteggeva ai lati e nella parte posteriore.

Due sole porte, difese da enormi battenti in legno ed in ferro e guardate giorno e notte da una compagnia di amazzoni, permettevano l’accesso.

Pure su quell’ampia piazza sorgeva il tempio dedicato ai serpenti e quello dei feticci, contenente questo un gran numero di divinità le une più barocche delle altre, mostri informi di terra