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La morte di Kalani 239

capanne disabitate, volendo evitare, fino a che lo poteva, l’incontro degli abitanti, per non destare delle curiosità pericolose. Dietro a lui venivano i due bianchi sempre camuffati da sacerdoti, poi Gamani, il quale si teneva sul dinanzi della sella, ma ben stretto, il prigioniero, quindi Urada ed i due dahomeni i quali tenevano le carabine in pugno.

Quella parte della città, che doveva essere la meno abitata, era oscura e silenziosa, ma in lontananza si scorgevano i falò attorno ai quali beveva e danzava la popolazione e si udivano le urla scordate di quegli ubriachi, accompagnate sempre dai suoni selvaggi dei barbari istrumenti musicali.

Pareva che l’orgia avesse raggiunto il più alto grado, poichè i clamori talvolta erano così assordanti, che Antao ed Alfredo penavano assai a udirsi.

— Che gole!... — esclamava il bravo portoghese. — Sfido io che quei cantori abbiano sempre sete!... Berrebbero tutta l’acqua del Koufo, se i loro sacerdoti fossero capaci di tramutarla in tanto ginepro.

— Quest’orgia colossale favorisce i nostri progetti, Antao, — rispondeva Alfredo. — Non potevamo scegliere una notte migliore per tentare l’audace colpo.

— Allora anche Kalani sarà ubriaco.

— Sì, e sarà tanto peggio per lui.

— Vuoi proprio ucciderlo?...

— L’ho giurato la notte che m’incendiò la fattoria e che mi rapì Bruno e manterrò la parola. Quel mostro è l’anima dannata di Geletè e di Behanzin, e liberando il Dahomey della sua presenza risparmierò la vita a migliaia d’infelici.

— È vero, Alfredo. Quel Kalani è il capo dei macellai.

— È lui che ordina i massacri, poichè è lui il capo dei sacerdoti.

— Furfante!... Gli farò vomitare sangue e rhum insieme. Ma dove lo attenderemo?

— A casa sua.

— Entreremo nella sua abitazione?...

— Sì, ma dopo d’aver legati e ridotti all’impotenza i suoi uomini.

— E se non venisse?...

— Verrà: il prigioniero ha detto che deve partire per Kana ed il padre di Urada ha confermata la notizia. —

Mentre così chiacchieravano, il vecchio negro continuava ad