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Capitolo I

Sulle rive dell’Ousme

— Ci siamo?...

— Aspetta un po’, amico. Sei impaziente di provare la tua carabina?

— Desidero ardentemente di vedere uno di quei mostruosi animali allo stato libero. Non ne ho veduto finora che dei piccini e nei serragli d’Europa.

— Bada che sono formidabili.

— Con un cacciatore abile quanto sei tu non ho paura, e poi non credo che quelle masse enormi siano tanto leste da gareggiare colle mie gambe.

— T’inganni, Antao. Non sono trascorse due settimane, che un povero minaloto del Gran Popos, spintosi qui a cacciare quegli animalacci, è stato tagliato in due.

— Nè più nè meno d’un biscotto?...

— Non lo credi?...

— Ho i miei dubbi, Alfredo.

— Allora ti dirò, Antao, che quel minaloto era un servo della fattoria del signor Zeinger, quell’ottimo alemanno che abbiamo visitato la scorsa domenica.

— Quel minaloto doveva essere lesto come una lumaca grigia del paese degli Ascianti.

— Tutt’altro, amico mio. Era un gran diavolo di negro, agile come una scimmia, ma l’animalaccio, che era stato solamente ferito, si precipitò sul disgraziato cacciatore e prima che questi potesse giungere alla riva lo tagliò in due.

— Ecco una storia che non aumenta di certo il mio coraggio.

— Vorresti tornare alla mia fattoria?