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CAPITOLO XXXI.


La miniera di Waterpoket


Un uomo barbuto, di forme massicce, butterato dal vaiuolo, col naso violaceo dei bevitori impenitenti, dalle vesti stracciate, che portava in capo un cappellaccio con le tese sbrindellate, si era alzato dietro un cumulo di massi, puntando contro la banda una lunga carabina a doppia canna.

Il salteador udendo l’intimazione, aveva arrestato il cavalle, dicendo:

— Non mi riconosci più?

Il bandito abbassò l’arma, poi toccò con la sinistra l’orlo del suo cappello, come per salutare.

— Sì, — disse poi, — tu sei l’uomo che ha parlato col capo.

— Possiamo allora inoltrarci?

— Hai condotto colui che chiamavi il Re dei Granchi?

— Sono io, — disse Simone, facendosi innanzi.

— Toh! un negro! — esclamò il bandito. — Che bel nome porti! Per lo meno, hai il colore dei granchi prima di essere cotti!

— E il capo? — disse il salteador, ruvidamente.

— Avanzati assieme a lui: Will Roock vi aspetta.

— E gli altri?

— Rimangano qui per ora. Quando i due capi si saranno messi d’accordo, potranno entrare.

— Posso fidarmi? — chiese Simone sottovoce, volgendosi verso Josè.

— Siamo in numero maggiore, ed al primo colpo di fucile accorreremo tutti, — rispose il vaquero.

— Non deponete le armi.

— Anzi, le terremo pronte.

Mastro Simone ed il salteador scesero da cavallo, e s’accostarono al bandito, dicendo:

— Guidaci.

Il brigante si mise il fucile sotto il braccio e si cacciò in un sentierino aperto fra due rocce altissime. Ogni otto o dieci passi si voltava, guardando un po’ sospettosamente il negro ed il vaquero, come se temesse qualche tradimento.

Finalmente giunse dinanzi ad una nera apertura, presso la quale si scorgevano enormi cumuli di pezzi di quarzo, che avevano delle striature d’oro. Era l’imboccatura della miniera.

Il bandito penetrò nel passaggio, prese da un cavo una torcia di