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28 | E. SALGARI |
— È già partita per Cartown dove mi aspetta. Venite, Blunt!... Ho la mia carrozza sulla piazza.
— Vi seguo, signor Harris.
CAPITOLO IV
La Sovrana del Campo d’Oro
Se il quartiere cinese ed i villaggi dei pescatori di granchi formano una delle principali attrattive dell’opulenta regina dell’Oceano pacifico, Cartown è una delle più singolari borgate, anzi possiamo dire, senza tema di esagerare, che non ne esiste una eguale in tutte le parti del mondo.
La città dei carri!... La città viaggiante, che può spostarsi a capriccio dei suoi abitanti!... Basterebbero queste parole per spiegare di che si tratta e destare le più alte meraviglie.
Eppure non vi è nulla di straordinario in tutto ciò. Se Cartown volesse lasciare il lido sabbioso su cui è stata costruita, — per modo di dire, — potrebbe farlo e farsi trascinare attraverso l’immenso continente dell’America Settentrionale, lasciare cioè l’Oceano Pacifico per adagiarsi mollemente sulle arene dell’Atlantico.
La ragione può sembrare curiosa, ma è irrefutabile, perchè tutte le abitazioni di quella curiosissima borgata, che ha assunto ora il titolo di città, riposano su quattro ruote.
Il fondatore non è stato un americano. L’idea di costruire quella città mobile è sorta invece nella mente d’un emigrato italiano, che non mancava d’un certo genio.
Aveva acquistato un pezzo di terreno sulle rive della magnifica baia di S. Francisco, là dove non sorgevano che gruppi di canne e di giuncheti, senza alcuna abitazione. Disgraziatamente, o meglio fortunatamente, sul più bello si era trovato senza i fondi necessari per innalzarsi una casuccia, come aveva dapprima sognato.
La località era splendida. Le lucide ed azzurre onde della baia venivano a morire fra i giunchi con un dolce mormorìo, e la spiaggia era forse la migliore per creare degli stabilimenti da bagni.
Mancavano solo i capitali per fondare una borgata.
Già l’emigrante si era risoluto a disfarsi del suo terreno, quando una trovata veramente geniale gli porse l’occasione di realizzare il suo progetto. Una compagnia della tramvia di S. Francisco cercava appunto in quell’epoca di disfarsi di alcune centinaia di vetture, diventate ormai troppo vecchie per continuare il servizio.
L’italiano, pensando che quei carrozzoni, molto più vasti di quelli usati da noi, potevano servire di abitazione, ne comperò uno