Pagina:Salgari - La Stella Polare.djvu/166

Da Wikisource.
158 Capitolo secondo


Degli squarci immensi avvengono fra quei campi sterminati, che si prolungano per decine e decine di miglia e talvolta per centinaia, e le montagne che vi sono racchiuse, spinte dal vento, lasciano la loro prigione, e se ne vanno errando per l’oceano, sballonzolate dalle onde.

Sfilano come fantasmi, a decine, a centinaia, ora riunite ed ora staccate, rendendo perigliosa la navigazione agli audaci che osano affrontare l’oceano Artico.

Di quando in quando s’incontrano, si sgretolano, formando centinaia di monticelli che prendono il nome di hummoks, i quali sfilano a loro volta verso il sud, spinti dai venti e trascinati dalle correnti.

Talvolta invece quei giganti, rósi alla base dalle acque non più fredde, perdono improvvisamente l’equilibrio e strapiombano in mare, sollevando delle immense ondate e producendo un tal fracasso da venire udito a parecchie miglia di distanza. La montagna però resta: non ha fatto altro che rivoltarsi e cambiare di forma. Guai se nella sua caduta incontra una nave! Nessuna, per quanto solida, potrebbe resistere all’urto di quei colossi, che misurano talvolta mezzo miglio di circonferenza e che hanno un’altezza di mille metri!

Lo spettacolo che offre l’oceano Artico nei brevi mesi d’estate è grandioso e anche pauroso, ma è nulla in confronto a quello che offre durante i grandi freddi.

Allora è il vero orrore, è il caos.

Le montagne di ghiaccio si saldano, gli hummoks, gli streams ed i palks si uniscono, s’allargano, s’ingrossano e finiscono per formare quegli immensi campi di ghiaccio che sono il terrore dei naviganti.

La superficie del mare, a poco a poco scompare. Si direbbe che le onde si cristallizzino poichè quei banchi sono tutti ondulazioni.

Ai primi di settembre, dalle regioni nordiche s’avanzano i primi nebbioni, pesanti, tetri, d’una tinta che mette paura e che rattrista l’anima.

S’avanzano a cortine, a ondate, turbinando sulle ali del vento; s’alzano, si abbassano, si spezzano, lasciando passare qualche breve raggio di luce, poi si distendono nuovamente, coprendo ogni cosa.

È uno dei più gravi pericoli per le navi, costrette ad avanzarsi