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240 Capitolo quarto

e dietro ad essi una superficie liscia come uno specchio, azzurro-pallida, che scintillava vivamente, riflettendo la luce del pallido sole.

Fin dove giungeva lo sguardo, il Canale Britannico appariva ingombro di ghiacci e non erano solamente banchi lisci. In mezzo si vedevano ergere alcuni ice-bergs, i quali erano stati arrestati nella loro corsa ed imprigionati.

S. A. R., il capitano Cagni, il tenente Querini ed il dott. Cavalli, tennero un breve consiglio col capitano Evensen, temendo che la nave, avanzandosi fra quelle masse di ghiaccio, potesse venire presa e subire le sorti del Tegetthoff o del Fram di Nansen.

Prevalse la volontà del giovine principe.

– Andiamo innanzi, – aveva detto. – Tentiamo la sorte. –

Furono dati in macchina i comandi per ottenere la massima pressione, poi la Stella Polare mosse arditamente all’assalto del pak.

I ghiacci non erano completamente compatti. La loro superficie mostrava qua e là dei crepacci considerevoli che potevano essere canali. Si trattava di frantumare il ghiaccio che li separava dalla nave, di raggiungerli e di filare lungo essi fino a toccarne altri che si scorgevano più a settentrione.

Una viva emozione si era impadronita di tutti, particolarmente degli italiani che mai si erano trovati ad una simile battaglia.

S. A. R. però si mostrava sereno e tranquillo. Certo confidava nella robustezza della sua nave e un po’ anche nella fortuna, nello Stellone d’Italia.

La vecchia baleniera, spinta a tutto vapore, procedeva rapida, fendendo rumorosamente le acque e scartando bruscamente i ghiacci galleggianti che trovava sul proprio cammino.

L’elica mordeva frettolosamente le acque e la macchina sbuffava rumorosamente facendo tremare i puntali ed i corbetti, mentre torrenti di fumo nero, mescolato a scorie, irrompevano dalla ciminiera a gran getti.

La nave raggiunge il pak, lo sormonta con uno stridore rapido e duro, poi ricade di peso e sfonda il primo margine, facendo rimbalzare i ghiacci a destra ed a sinistra.

Un getto d’acqua spumeggiante s’alza dinanzi la prora mentre la stiva rimbomba sordamente.