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284 Capitolo nono


Erano stati perfino eretti dei gabinetti scientifici per le osservazioni.

All’intorno, la neve era stata spazzata via e la terra spianata alla meglio. Le guide avevano costruito perfino delle stradicciuole.

– Non ci manca che un giardino, – disse un giorno Canepa.

S. A. R. prese la palla di rimbalzo.

– Perchè non si potrebbe seminare qualche fiore? – chiese a Savoi.

– Si potrebbe tentare, Altezza, – rispose la guida.

Ed il brav’uomo, felice di accontentare il Duca, si mise subito all’opera dissodando un pezzo di terra che era meglio esposta al sole e aiutato dal dottor Cavalli, il botanico della spedizione, seminò... con poca speranza di raccogliere.

Assicurata la Stella Polare e disarmatala, e preparato l’accampamento, con tutto il confortabile possibile, gli esploratori, in attesa dei grandi freddi, cominciarono a spingersi verso l’interno per conoscere un po’ la terra sulla quale avevano deciso di svernare e anche per dar la caccia alla selvaggina che si mostrava abbastanza numerosa.

Si erano notate tracce di orsi bianchi, di volpi bianche e si erano vedute numerose foche e morse lungo le coste.

Mentre le guide ed i marinai facevano lunghe corse, conducendo con loro anche i cani onde allenarli, S. A. R. e Cagni facevano osservazioni astronomiche, rilevavano le coste e facevano esperimenti di gravità per mezzo delle oscillazioni del pendolo, adoperando quello inventato ultimamente dal colonnello austriaco Sternek e che avevano imparato ad adoperare nei sotterranei del Palazzo Madama di Torino sotto la guida del dottor Amonetti. Non ostante quelle molteplici occupazioni, non dimenticavano nemmeno essi la caccia, inseguendo le foche e le morse o facendo strage di uccelli marini.

Così catturarono un giorno una foca bellissima sull’orlo d’un banco di ghiaccio, mentre le compagne s’inabissavano precipitosamente.

Orsi bianchi non ne erano ancora comparsi nei dintorni, però le guide ed i marinai avevano scoperte numerose tracce di quei formidabili plantigradi, in direzione del Capo Germania, alla base delle montagne che s’innalzano lungo quella costa.