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60 Capitolo settimo


Il carpentiere con uno sguardo bieco gli mozzò la frase, poi cominciò:

– Il mio amico si era imbarcato, circa tre anni or sono, a bordo del Winklump, una delle nostre più piccole baleniere, non stazzando che duecento tonnellate. La comandava il capitano Sanders e la montava un equipaggio di diciotto uomini.

La loro mèta era la costa meridionale della Groenlandia e vi giunsero sul finire della primavera, quando già la maggior parte dei ghiacci si erano sciolti. Degli ice-bergs ve n’erano però ancora in buon numero, e parecchie volte la goletta corse il pericolo di venire urtata malamente da quei colossi.

Erano già giunti all’entrata d’un profondo fjord, quando per un falso colpo di barra, la goletta diede in secco su di un bassofondo sabbioso.

Il danno però non era così grave come dapprima avevano creduto. Con una grande marea si poteva rimettere a galla la nave, però dovevano aspettare otto giorni, cioè la luna nuova. Si rassegnarono quindi ad aspettare il momento favorevole per andarsene in cerca delle balene.

Erano trascorsi solo due giorni, quando un mattino furono svegliati da urla potenti, spaventevoli, che pareva venissero dalla parte del mare.

Il capitano Sanders aveva indovinato subito di che cosa si trattava e si era affrettato ad accorrere sul ponte, dove già lo avevano preceduto i fiocinieri. A circa mezzo miglio, un cetaceo enorme si avvoltolava fra le onde sollevate dalla sua possente coda. Non si trattava d’una balena bensì d’un fisetere, ossia d’un capodoglio, cetacei ben più pericolosi, e che hanno una testa così immensa da eguagliare il terzo del corpo.

Il mostro pareva in preda ad una viva eccitazione; si slanciava più che mezzo fuori delle onde, agitava furiosamente la sua poderosa coda bilobata e la grande natatoia dorsale, apriva la sua smisurata bocca, e quindi la richiudeva con un fracasso assordante.

«Che sia ferito?» chiese il mio amico al capitano Sanders.

«No, è innamorato,» questi rispose. «Siamo in primavera, ed è la stagione degli amori per quei bruti.