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Il capo insorto Pardo 141

una grossa pianta, all’ombra del fitto fogliame. Suo scopo era di non perdere di vista quella galleria, la cui uscita si trovava solamente a quindici passi, per vedere se il fumo continuava ad uscire, temendo assai per la vita dell’affezionato lupo di mare.

Con sua grande gioia constatò, che dopo alcune ondate un po’ dense, il fumo era quasi cessato. Certamente la notizia della sua resa era stata già comunicata agl’insorti che occupavano il fortino ed essi non si erano più occupati di alimentare il fuoco acceso all’altra estremità della galleria.

Anche i negri, che poco prima stavano a guardia dello sbocco coi loro enormi tromboni, avevano abbandonato il posto, convinti che più nessuno fosse rimasto nel sotterraneo.

— Mio povero Cordoba, — mormorò la marchesa. — Spero di rivederti presto, assieme al tuo valoroso spagnuolo.

Distolse gli occhi dalla galleria per tema di destare sospetti e si mise a parlare coi quattro marinai che si erano seduti attorno alla coraggiosa donna, come se avessero voluto ancora difenderla.

Dieci minuti dopo una ventina di cavalieri che conducevano con loro parecchi cavalli ancora da montare, giungevano all’accampamento.

— Signora, — disse l’aiutante di campo, alla marchesa. — Preparatevi a partire.

— Sono pronta a seguirvi, — rispose ella.

Il mulatto l’aiutò a salire su un bianco cavallo che era bardato con una larga e comoda sella, fece dare altri cavalli ai quattro marinai, poi il drappello, scortato dai venti cavalieri e guidato dall’aiutante, partì al galoppo.


CAPITOLO XVII.


Il capo insorto Pardo.


Quella corsa attraverso la foresta durò cinque ore, quasi senza interruzione e sempre rapida non ostante le grandi piante, i rovi, i cespugli e terminò a breve distanza dalle coste meridionali di Cuba, sul margine di quella vastissima palude chiamata di Guanahacabiles e che dall’ensenada della Guadiana si distende fino a quella di Cortes, attraversando interamente l’estrema punta dell’isola.

Colà un vasto accampamento, formato da capanne improvvisate con rami e foglie gigantesche di palmizi reali e da alcune tende, si distendeva fra i margini della palude e la vicina spiaggia, occupando una superficie notevole.

Parecchie centinaia d’insorti, parte creoli, parte negri, con non pochi avventurieri americani, lo occupavano.