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zione, temendo che anche Cordoba fosse caduto nelle mani degl'insorti.
– No, signora. —
La marchesa, spinta da una irresistibile curiosità, alzò un lembo della tenda ed entrò, girando intorno un rapido sguardo.
Un uomo che indossava la divisa azzurra dei lancieri spagnoli e che alle maniche portava i galloni e le stelle d'oro di capitano, stava seduto intento ad intrecciarsi un cappello con alcune foglie di cocco.
Era un uomo sui quarant'anni, piuttosto alto e magro come un biscaglino, colla pelle del volto assai abbronzata, i capelli e la barba nerissimi ed i lineamenti piuttosto angolosi. Vedendo entrare la marchesa, lasciò cadere al suolo il cappello, alzando su di lei due occhi oscuri e vellutati.
Si alzò prontamente e s'inchinò silenziosamente, continuando a guardarla con un misto di stupore e di ammirazione.
– Un compagno di sventura? – chiese la marchesa.
– Io non lo so, signora – rispose il capitano. – Io sono un prigioniero di Pardo.
– Ed anch'io, signore.
– Voi!... – esclamò il capitano.
– Io sono la marchesa Dolores del Castillo.
Udendo quel nome, un grido di sorpresa e di dolore era sfuggito dalle labbra del lanciere.
– La Capitana del Yucatan!... – disse poi. – Colei che doveva consegnarmi le armi e le munizioni?
– Ah voi?... Voi adunque siete?...
– Il capitano Carrill.
– Lo avevo sospettato, signore. Ero già stata informata della vostra cattura, prima ancora che venissi fatta prigioniera dagl'insorti.
– Da chi?...
– Da un vostro soldato.
– Dal mio attendente Quiroga?
– Sì, mi pare che si chiamasse così.
– Dio sia ringraziato. Temevo che non fosse riuscito a raggiungervi ed a mettervi in guardia contro il tradimento ordito da Pardo e dalla sua anima dannata, da quel furfante di Del Monte.
– Ci ha raggiunti, disgraziatamente troppo tardi per evitare di cadere nelle mani degl'insorti.
– Canarios!... È stato già preso l'Yucatan?
– Oh no!... —
Il capitano respirò.
– Temevo che le armi e le munizioni fossero state già prese dagl'insorti – disse. – Come siete stata fatta prigioniera, signora?... —