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L’inseguimento 249

Non era che questione di una mezz’ora sola, con quella velocità straordinaria che aumentava sempre. Il loche aveva segnato già venticinque nodi e sei decimi.

Alle otto, mentre la velocità raggiungeva il massimo di ventisei nodi, l’Yucatan si avventurava audacemente nel passaggio dell’Est, un canale ampio che si apre verso l’estremità orientale di quella lunga barriera d’isole e che serpeggia fra il labirinto de la Doces Leguas.

Non essendo prudente mantenere quella velocità straordinaria, fu dato il comando in macchina di rallentare, poi la marchesa si mise in persona alla ruota del timone con a fianco Cordoba.

L’incrociatore e la torpediniera non si vedevano più, essendo rimasti nascosti dalle isole, però era convinzione di tutti che non si fossero arrestati, anzi che continuassero attivamente la caccia.

Poco però importava ormai a Cordoba ed alla marchesa, avendo la certezza che almeno la grande nave non avrebbe osato impegnarsi nel labirinto.

La torpediniera non avrebbe certamente mancato di avventurarsi essendo di poco tonnellaggio, ma per essa vi erano il pezzo della torretta e gli hotchkiss.

Il labirinto stava dinanzi all’Yucatan. Era un vero caos di isolette d’ogni dimensione e d’ogni forma, alcune splendide per vegetazione, altre alte, diroccate, aridissime, calcinate dal sole; di lunghe barriere di scogli che correvano in tutte le direzioni, che formavano centinaia di baie microscopiche capaci di dare ricetto ad una nave di piccolo tonnellaggio od a qualche dozzina di barche; di banchi e di bassi ed alti fondi sabbiosi, circondati di scoglietti a fior d’acqua, acuti come lame di coltelli e tremendi per le carene delle navi.

Un fragore assordante veniva da quell’ammasso d’isole e scogliere, causato dalle ondulazioni prodotte dalla marea. L’acqua rumoreggiava dovunque, frangendosi e rifrangendosi contro le rupi e tuonando sordamente entro la baia o entro le caverne marine scavate dall’eterna azione dei flutti.

La marcia del Yucatan era rallentata. La Capitana lo guidava con estrema prudenza poichè un colpo di timone male dato sarebbe stato sufficiente a mandare la piccola nave su qualche bassofondo o sulle punte rocciose che emergevano dovunque, come bestie malefiche in agguato.

Mastro Colon con due marinai, scandagliava senza posa le acque, gridando incessantemente:

— Sette piedi... cinque piedi a babordo... poggiate... otto piedi... orzate, signora!... Attenta la Capitana!... Scogli a tribordo!... —

Donna Dolores eseguiva celeremente e con mano sicura, i comandi del mastro. Cogli sguardi fissi sulla prora per non perdere di vista un solo istante il tortuoso canale, stringeva nervosamente la ruota del timone, non mantenendola ferma un solo secondo.