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20 Capitolo II.

e coi piedi palmati e riuscendo così a percorrere perfino dieci miglia all’ora.

Si lasciavano cadere dalle rocce della costa a battaglioni e, venendo scaraventati dalla violenza delle onde, si spingevano al largo, lasciandosi dietro una vera scìa spumeggiante, come se fossero microscopici piroscafi. Avevano scorto il cetaceo e accorrevano a prendere parte al banchetto, essendo formidabili divoratori.

Anche i guanaes, ossia uccelli del guano, si dirigevano in bande numerose, schiamazzando a piena gola, verso l’enorme massa, gareggiando, con grande velocità, per giungere prima. Erano stormi di patillos, di marangoni, di sarcillos e di piqueros ed erano così numerosi che un colpo di trabuco avrebbe prodotto delle vere stragi.

— Vanno a contendersi il lardo della balena, — disse José. — Ne rimarrà però sempre in abbondanza anche per noi.

— Nondimeno affrettiamoci, — rispose il vecchio Pardoe.

— Ho veduto fra quei volatili anche degli avvoltoi neri e questi si attaccano più ai cadaveri umani che ai cetacei. Potrebbero guastare i visi dei due marinai e renderli irriconoscibili.

— Speri di riconoscere quei due disgraziati?

— Sono ben pochi i balenieri che non conosco, — rispose il vecchio, — avendo navigato su più di venti navi cilene, argentine ed anche inglesi delle Falkland.

Badate, giovanotti! Date dentro ai remi e attenti ai colpi di mare. Ancora dieci minuti e abborderemo la balena.

Tu José prepara l’ancorotto che passeremo ai fanoni onde poterla rimorchiare in porto; penseremo poi agli uomini.

Già non devono, pur troppo, aver più bisogno del nostro aiuto. —