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290 Capitolo XXI.


— Andiamo a guadagnarci la colazione, prima di metterci al lavoro. Sono già dodici ore che siamo a digiuno.

Ed era vero, perchè i selvaggi non si erano ricordati di dare loro da mangiare durante la prigionia nella capanna e le disgraziate vicende del mattino non avevano acconsentito loro che di ingoiare qualche biscotto.

Il baleniere si era quindi allontanato, sperando di poter sorprendere qualche leone marino, ciò sarebbe stata una vera fortuna, o per lo meno di abbattere alcuni uccelli marini i quali non dovevano mancare su quel banco.

Il vecchio Pardoe, che si sentiva un po’ meglio, poco dopo l’aveva seguito, portando con sè il secondo moschetto, non già coll’intenzione di aiutare il baleniere, bensì per non lasciare alcuna arma da fuoco nelle mani di Alonzo. Sapeva già che Piotre era troppo destro per aver bisogno d’un vecchio ferito.

I due pescatori di balene si gettarono in mezzo ai monticelli di ghiaccio, i quali formavano delle piccole barriere sufficienti a nasconderli e s’avanzarono tacitamente lungo i margini del banco, perlustrando i crepacci dentro i quali potevano trovare qualche leone marino ancora addormentato.

Come avevano previsto, moltissimi uccelli marini avevano preso domicilio sul banco.

Udivano i micropteri muggire dietro i monticelli e vedevano volare in mare molti marangoni ed anche dei rompitori d’ossa grossissimi.

— Ci rifaremo con questi volatili se non troveremo alcuna foca, — disse Pardoe al baleniere, il quale si era fermato sull’orlo d’un crepaccio assai profondo.

— Cerchiamo di non spaventarli, perchè non lascino troppo presto questo banco.

— Hanno i loro nidi qui, — rispose Piotre, — quindi non sgombreranno prima che siano nati i piccini. E poi voi sa-