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cap. xiii. — il rapimento di maduri 199


Anche qualche ombra si vedeva balzare improvvisamente fra le canne spinose e poi scomparire rapidamente.

Camminavano da qualche po’, faticando assai ad aprirsi il cammino, quando il capitano fece cenno ad Amali, che lo seguiva da presso, di fermarsi.

— Che cosa c’è di nuovo? — chiese il re dei pescatori di perle sottovoce.

— Qualcuno si avanza.

— Saranno dei cervi o dei cinghiali.

— No, deve essere un animale assai grosso. Nascondiamoci e lasciamolo passare.

Tutti si inginocchiarono fra le canne, che in quel luogo erano altissime, e stettero zitti, col dito sul grilletto delle carabine.

Un animale cercava di farsi largo fra i vegetali; lo si udiva sbuffare, brontolare e urtare vigorosamente i bambù, i quali si piegavano a destra ed a sinistra, scricchiolando.

— Chi sarà? — chiese Jean Baret ad Amali che gli stava presso.

— Credo che sia un rinoceronte, — rispose il re dei pescatori di perle.

— Brutta bestia.

— E pericolosa.

— La lascieremo andare?

— Sì, se non si accorge della nostra presenza. Facendo fuoco indicheremo ai cingalesi il nostro rifugio.

— Già, mi ero dimenticato che ci danno la caccia. Siamo in un brutto impiccio.

— Se si tratta d’un rinoceronte, abbiamo molta